venerdì 20 giugno 2014

Incostituzionale e illegittima la legge elettorale della Regione Calabria

Firmiamo subito la petizione, al Consiglio dei Ministri, per la promozione della questione di costituzionalità della riforma della legge elettorale della Calabria, per la mancata introduzione della doppia preferenza di genere. Dopo l'estate la Calabria andrà al voto per la Regione, e se non si interviene subito ci andremo senza doppia preferenza: il 3 giugno scorso, infatti, (anche) il Consiglio Regionale calabrese ha respinto l’emendamento volto a introdurre la doppia preferenza di genere, almeno un terzo di candidate donne e l’alternanza dei candidati nelle liste elettorali. 
Il che è pazzesco - dato che nel Consiglio della Regione Calabria le percentuali sono attualmente da Arabia Saudita: solo 2 (due!) donne su 51 consiglieri - due donne che, per giunta, vi sono entrate solo grazie al defilarsi di altri maschi (per trasferimento in Parlamento o imprevisto arresto).  

E non sia mai che questa indecenza si andasse a cambiare:  e così (per l’ennesima volta nella storia di questa Italietta) è stata approvata una legge elettorale in violazione della Costituzione e, nello specifico, dello stesso Statuto della Regione Calabria. La Consigliera Regionale di Parità, Stella Ciarletta, chiede dunque che siano censurati (per illegittimità costituzionale in riferimento agli artt. 51, 117, 3 della Costituzione ed agli artt. 2 e 38 dello Statuto della Regione Calabria) gli art. 1, comma 6, e art. 2, comma 2, della legge elettorale n° 5 del  2010, nonché la legge regionale 6 giugno 2014 n° 8 “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 febbraio 2005, n° 1”.
La richiesta, rivolta al Premier Matteo Renzi e a Maria Carmela Lanzetta (Ministra per gli Affari Regionali), è così argomentata:
Il Consiglio Regionale, nella seduta del 3 giugno, non ha accolto l'emendamento che prevedeva, tra l'altro, l'introduzione della doppia preferenza di genere oltre che la presenza di almeno un terzo di candidate donne e l'alternanza dei candidati in lista. Pertanto la legge elettorale così come approvata, viola non solo dello Statuto della Regione Calabria, dal quale emerge il dovere di promuovere condizioni di parità tra i sessi nell’accesso alla carica di consigliere regionale, ma anche degli artt. 51, 117, 3 della Costituzione. L’art. 51 della Costituzione è stato modificato con la legge costituzionale n.1 del 30 maggio 2003 che, all’art.1, ha aggiunto un periodo al vigente articolo 51, primo comma. La norma, nel testo modificato ed attualmente vigente, dispone che ‘Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti  dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne uomini’. A sua volta, l’art.117 della Costituzione, nel suo testo introdotto dalla legge costituzionale n.3 del 18 ottobre 2001, al 7° comma, stabilisce che le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra uomini e donne alle cariche elettive. I principi fondamentali della parità dei cittadini, a prescindere dal sesso, sono contenuti nell’art. 3 della Costituzione, che, come è noto, stabilisce al primo comma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali e che al secondo comma dispone che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Occorre sottolineare come lo Statuto della Calabria sia espressione del principio costituzionale che si è fatto strada a seguito delle incalzanti iniziative di riforma. Ancora va tenuto presente che il percorso per giungere all’obiettivo di una concreta parità tra i due sessi è giunto in sede nazionale alla approvazione della legge n.215 del 23 novembre 2012 che, con riferimento all’accesso alle cariche elettive e agli organi esecutivi dei comuni e delle province, ha stabilito che, nelle liste dei candidati, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi, ma anche che, ciascun elettore può esprimere, sotto le righe stampate sotto il medesimo contrassegno, uno o due voti di preferenza, scrivendo il cognome di non più di due candidati compresi nella lista da lui votata. Nel caso di espressione di due preferenze, esse debbono riguardare candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza. La detta legge ha inoltre, all’art.3, modificato la legge 2 luglio 2004 n.165, di attuazione  dell’art.122 Cost., in materia di elezioni dei consigli regionali introducendo, al comma 1 dell’art.4, la lettera c-bis) che ha posto, quale principio fondamentale per la legislazione elettorale delle regioni, quello della promozione della parità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l’accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive.
Ad oggi la Calabria è sprovvista di strumenti legislativi volti concretamente a promuovere la parità dei generi nell’accesso alle cariche elettive. La legge elettorale della Regione, in contrasto con le norme costituzionali citate, non promuove la concreta parità, né questa è assicurata dal vincolo, nella presentazione delle liste circoscrizionali, della presenza di candidati di entrambi i sessi. Occorre difatti che le tecniche prescelte per favorire il riequilibrio di genere nella rappresentanza politica siano effettivamente volte a promuovere la parità di accesso, fine questo non assicurato dalla norma della legge elettorale censurata che costituisce per un sesso una presenza del tutto aleatoria rispetto alla percentuale attribuita all’altro sesso. Solo attraverso l’introduzione di tecniche effettivamente volte alla rimozione degli ostacoli alla piena parità, la legge elettorale sarebbe stata conforme alla Costituzione ed allo Statuto, ma ciò non è accaduto, prevedendo la norma censurata, come detto, solo una minoritaria percentuale di candidati in ciascuna lista circoscrizionale costituita da un genere.