Le donne oggi
hanno una nuova consapevolezza, sono sempre meno disposte a fare rinunce, vogliono
contribuire a costruire le condizioni per poter essere davvero libere e
responsabili; lo diceva bene Alain Touraine, vogliono essere artefici di se
stesse e del loro destino.
La lotta per il
superamento delle differenze di genere passa necessariamente da una maggiore
partecipazione delle donne alla vita politica e amministrativa. Il livello di
rappresentanza femminile è uno dei criteri con i quali si misura il grado di
civiltà di un'istituzione. In questo
senso, la totale assenza di donne elette in seno al Consiglio Regionale della
Calabria nel 2010 ha rivelato quanto sia lungo il percorso da compiere nella
nostra regione per un'effettiva parità di genere. Gli strumenti legislativi, in primis quello della
doppia preferenza, potrebbero rappresentare una soluzione per il riequilibrio
della rappresentanza nell'ottica di una democrazia paritaria.
«Democrazia paritaria» non è una formula vaga, ma ha una sostanza culturale,
giuridica e politica molto pregnante che dà forza al principio di eguaglianza. Coincide
con la costruzione comune delle istituzioni democratiche, con la cooperazione
nelle attività sociali e con la condivisione del lavoro di cura. In sostanza la
democrazia paritaria mira alla condivisione del potere pubblico e delle
responsabilità private in una democrazia che sancisce nella sua Costituzione l’esistenza sulla scena pubblica di due generi
che godono di eguali opportunità.
Lo scrimine è sostituire quella che la sociologa Marina Cacace
definisce “matrice monosessuale”della politica, con“una nuova matrice della
politica, che accolga la differenza sessuale. L’ingresso delle donne nella
sfera pubblica consente loro di divenire “visibili” e uscire “dall’ombra”, dove
per troppo tempo sono state confinate.
Da questo consegue che il principio tradizionale della giustizia sociale
da solo non basta più in ogni attività legislativa, è necessario arricchirlo
con il principio della giustizia di genere, che tiene conto delle ripercussioni
che le misure sociali, economiche, legislative hanno sulle donne.
Ma un partito di sinistra come il PD, nato
dall'incontro di culture politiche nelle quali le donne hanno ricoperto ruoli
apicali e combattuto battaglie che hanno reso questo Paese più civile, non può
attendere un'imposizione legislativa per garantire un effettivo coinvolgimento
femminile.
Il tutto
ovviamente partendo dalla ricostruzione del tessuto di relazioni con tutti quei
movimenti e quelle associazioni che in questi anni sono stati il mezzo, al di
fuori dei partiti stessi, attraverso cui le donne hanno agito per la difesa
delle loro prerogative.
La legge 215 del 2012 sulla doppia preferenza di genere alle
Elezioni amministrative può contribuire ad alimentare una cultura che in
passato è stata fortemente osteggiata a causa sia della crisi del bipolarismo,
sia per l’attuale legge elettorale, che premia la fedeltà al capo piuttosto che
le competenze, dunque svilisce la capacità di rappresentanza dei parlamentari
in generale e delle donne in particolare.
Il World Economic Forum ogni anno stila la classifica sulla parità
di genere a livello globale, sciorinando i dati ufficiali sulla disuguaglianza
di genere nel mondo. E l’Italia? Ha raggiunto il 71° posto, non certo una posizione
edificante. Tuttavia, rispetto allo scorso anno abbiamo guadagnato nove
posizioni, anche grazie alla cospicua presenza di donne in Parlamento, che in
questa legislatura hanno raggiunto il 30%. Ma non basta. Bisogna diffondere una
cultura diffusa che a cascata coinvolga le donne a tutti i livelli,
facilitando, con mezzi temporanei, il loro coinvolgimento in ogni ambito.
Le donne sono il più grande fattore di cambiamento di questo
secolo e le donne italiane sono, come disse qualcuno, il più eclatante ammasso di talenti sprecati del
mondo Occidentale. Smettiamola di discriminarle e frantumiamo questo maledetto
soffitto di cristallo che le blocca. A beneficiarne non saranno solo loro, ma
l'intera società.
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